Mercoledì, 30 Settembre 2015 14:18

Jazz nights at Casalini’s garden 2015

Grande successo per il memorial dedicato a Marco Tamburini

Alto gradimento ed un notevole afflusso di pubblico. È il bilancio della seconda edizione di “Jazz nights at Casalini’s garden”, la rassegna organizzata da RovigoBanca in collaborazione con il Conservatorio “F. Venezze” di Rovigo, dipanatasi in quattro intensi appuntamenti.

Nell’inusitato scenario del giardino di palazzo Casalini, luogo unico collocato in pieno centro storico di Rovigo, sono convenuti numerosi musicisti di fama nazionale ed internazionale che, insieme a giovani promesse del Dipartimento Jazz del nostro Conservatorio, sono stati coinvolti in produzioni originali di grande spessore e qualità.

Serata dopo serata, l’atmosfera si è colorata di intenso e il giardino di Palazzo Casalini ha trovato la sua colonna sonora ideale.

Già al primo appuntamento, venerdì 10 luglio, si è subito compreso il filo conduttore scelto per l’edizione di quest’anno. Dopo i saluti del presidente di RovigoBanca, Lorenzo Liviero, e del presidente del Conservatorio, Fausto Merchiori, è stato toccante vedere l'emozione di Stefano Paolini nel ricordare l’amico e collega Marco Tamburini, prematuramente scomparso. Nella filosofia degli organizzatori del festival, infatti, accanto alla formazione dei giovani, ci si è posti anche l’obiettivo di volere tenere viva la memoria di questo grande musicista che ha fatto da “caposcuola” al jazz rodigino, contribuendo alla creazione di radici irrinunciabili e prolifiche.

La serata è stata inaugurata dallo “Shuffled Quartet” del batterista veneziano Marcello Benetti, trasferitosi da cinque anni stabilmente a New Orleans, dove ha avuto modo di maturare sia come strumentista sia come compositore e leader, che con l'esibizione rodigina si è dimostrato davvero un musicista completo. Il gruppo, nato all'inizio del 2011, ha preso il nome dal titolo del primo disco, "Shuffled". Compagni di questo suggestivo viaggio musicale di Benetti sono stati il quotato trombonista Jeff Albert, noto agli appassionati italiani per aver fatto parte del gruppo di Hamid Drake; la violoncellista belga Helen Gillet; il sassofonista e clarinettista Dan Kinzelman, americano che da molti anni vive in Italia, mettendosi in luce come strumentista, suonando nei gruppi di musicisti del calibro di Enrico Rava, Giovanni Guidi, Mauro Ottolini, solo per fare qualche nome.

Diverso ma altrettanto interessante il jazz proposto nella seconda parte della serata dal quartetto guidato dal trombonista marchigiano Massimo Morganti, docente del Conservatorio “Venezze” come il suo batterista, Stefano Paolini, che ha formato con il contrabbasso di Paolo Ghetti, in possesso di uno straordinario "walkin'", una coppia ritmica solida e fantasiosa, perfettamente funzionale al progetto musicale del leader, capace di passare da atmosfere swinganti e raffinate, quasi cool, ad altre molto più aperte verso il jazz elettrico, in cui sono affiorarti echi di Gil Evans e dell'ultimo Miles Davis. A completare il quartetto il bravo chitarrista Angelo Lazzeri, che più degli altri è sembrato muoversi a suo agio nell'utilizzo di effetti elettronici e loop, condimento perfettamente speziato della musica di Morganti.

Protagonisti della seconda serata, svoltasi di venerdì 17, sfidando ogni superstizione e scaramanzia, sono stati Guido Pistocchi ed Ada Montellanico, che, nell’occasione, hanno presentato due progetti originali dedicati a due giganti della storia del jazz: Billie Holiday e Chet Baker.

Il primo a presentarsi sul palco è stato Guido Pistocchi, accompagnato da Marcello Tonolo al pianoforte, Marco Vavassori al contrabbasso e Lorenzo Bonucci alla batteria. Il trombettista romagnolo, che vanta una lunga ed importante carriera internazionale, ricca di collaborazioni prestigiose sia in ambito jazz, con Romano Mussolini e Lino Patruno, sia nel campo della musica leggera di qualità da Mogol-Battisti a Ennio Morricone e Renzo Arbore, insieme alla sua formazione ha proposto al pubblico una selezione di brani all’insegna dello swing e del jazz più tradizionale. La magia dello swing di Guido, con i suoi ineguagliabili omaggi a Chet Baker e le sue spettacolari perfomances con la tromba, hanno saputo creare atmosfere emozionanti e piene di suggestioni. Anche la band, farcita di giovani innesti provenienti dal conservatorio rodigino, è riuscita a dimostrare esperienza e versatilità, creando il tappeto sonoro ideale per le improvvisazioni di Pistocchi. Il concerto si è dimostrato un evento carico di energia positiva ed è riuscito a coinvolgere il pubblico, che ha costantemente risposto con lunghi applausi all’esibizione.

Nella seconda parte dello spettacolo, la raffinata voce di Ada Montellanico e il Rovigo Jazz Department Collective hanno proposto al pubblico un viaggio tra le canzoni dell’indimenticabile Billie Holiday. Una performance dalla duplice valenza estetica ed emotiva, per ricordare l'incommensurabile genio di Lady Day, nel centenario della sua nascita.

La Montellanico, da un anno docente del Conservatorio “Venezze”, si è rivelata un’artista fantasiosa, dalla voce calda, rilassata e colloquiale, in grado di fare apparire semplice e naturale ciò che facile in realtà non era, per la gioia di quanti si attendevano dalla musica percorsi non convenzionali. Ada è apparsa una vocalist capace di volare in alto, lungo territori inesplorati di testi e musiche quanto mai attuali, dove si canta la vita nelle sue varie sfumature: l’amore, la malinconia, lo smarrimento di un attimo, rivissuti con la sensibilità di una artista a 360 gradi. Ad accompagnarla in questo imperdibile set c’erano alcuni dei musicisti più quotati del Dipartimento Jazz del nostro Conservatorio e tra i più apprezzati dell'attuale scena italiana: Stefano Onorati al pianoforte, Achille Succi al sax alto, Pierluigi Mingotti al basso elettrico, Davide Cassandro alla chitarra e Federico Cassandro alla batteria.

La rassegna è proseguita con l’appuntamento di venerdì 24 luglio che, all'insegna delle sorprese, è riuscito ad offrire una panoramica davvero completa del jazz contemporaneo. Protagonisti due promettenti trombettisti, che hanno recentemente completato il loro corso di studi al “Venezze”, senza dubbio fra i suoi migliori allievi di questi ultimi anni. Il primo, l'abruzzese Pasquale Paterra, si è presentato come  leader di un suggestivo progetto, "Images", il secondo, il siciliano Nazareno Brischetto, è stato invece ospite di un interessante gruppo guidato dal pianista marchigiano Emilio Marinelli, il Trio 4.0, che oltre a Brischetto, ha avuto come gradita ed apprezzata ospite la cantante sudafricana Melanie Scholtz.

Paterra si è presentato alla testa di un equilibrato sestetto, affiancato dall'esperto trombonista Sandro Comini, anche lui ex-allievo del Conservatorio rodigino, oltre che da quattro più giovani allievi, Luca Ridolfo al pianoforte, il giovanissimo Luca Zennaro alla chitarra, Nicola Govoni al contrabbasso, Giovanni Minguzzi alla batteria. Il trombettista abruzzese si  confermato solista già solido e maturo, capace di muoversi a suo agio sia sulle ballad che su ritmi serrati, facendosi apprezzare per un "hard-bop" che non vuole riproporre i cliché dei più noti maestri del genere, ma che cerca una sua strada originale mettendo in mostra una spiccata vena melodica, soprattutto al flicorno, ed una precisione ritmica inconsueta per un così giovane musicista.

La seconda parte della serata è stata occupata da un fresco ed originale progetto del pianista marchigiano Emilio Marinelli, da anni interessato alle contaminazioni fra il jazz e le musiche del mondo. Esplorazione di possibili nuovi orizzonti musicali che l'hanno portato qualche mese fa a registrare un disco a Cape Town, in Sud Africa, con jazzisti del posto, e a scoprire una giovane ma già straordinaria cantante, Melanie Scholtz - che ha collaborato con Bobby McFerin e Kurt Ellinng – e che Marinelli ha chiamato come ospite, insieme al trombettista Nazareno Brischetto, nel suo "Trio 4.0". L’interessantissima formazione ha visto Marinelli impegnato, oltre che al pianoforte, alle tastiere ed all'elettronica, insieme al solido contrabbasso del corregionale Gabriele Pesaresi, e alla voce del sorprendente giovanissimo John Michael Mawushie, figlio di un ghanese ed una filippina, ma cresciuto e formatosi ad Ancona. J-Beat, come ama farsi chiamare, usa infatti la voce come uno strumento, riuscendo a stupire non solo per il virtuosismo, ma per la contagiosa carica ritmica.

La loro variegata miscela musicale ha condotto per mano il pubblico attraverso originali rivisitazioni di standard come "Cherokee" e "Nardis" - dove Brischetto ha messo in mostra la sua spiccata vena davisiana – ma anche brani originali come "Waiting", particolarmente riusciti.

Molto suggestiva una parentesi solitaria lasciata alla vocalist sudafricana, che ha mostrato l'ampio bagaglio su cui poggia una vocalità che parte dall'Africa ma che ha acquisito alla perfezione la conoscenza di tutta la grande tradizione musicale afroamericana, dal blues al jazz, dal gospel al soul.

Strepitoso, infine, il concerto di chiusura svoltosi lunedì 27 luglio. Protagonisti della splendida serata l’ensemble “Songs for M.T.”, composto da tre veri mattatori della scena jazzistica internazionale come Stefano Onorati, Stefano Senni e Roberto Cecchetto, e la “Venezze Big Band” diretta dal M° Massimo Morganti.

Nel primo set Roberto Cecchetto alla chitarra, Stefano Onorati al pianoforte e Stefano Senni al contrabbasso, tre artisti fra i più talentuosi che hanno condiviso con Marco Tamburini tante scene e tanti progetti, si sono uniti per un tributo ricco di ricordi e di emozioni all’amico e collega che il destino ha strappato alla vita troppo presto. Il trio si è ben presto trasformato in un quartetto con l’aggiunta di Stefano Paolini alla batteria.

Successivamente, ad animare la seconda parte della serata, la “Venezze Big Band” che ha proposto uno spettacolo musicale raffinato e coinvolgente.

Se il Dipartimento Jazz del Conservatorio rodigino è una vera e propria fucina di talenti, la Venezze Big Band si è ancora una volta dimostrata il suo fiore all'occhiello. L’orchestra, in cui grandi protagonisti sono stati i fiati, oltre naturalmente alla batteria di Stefano Paolini, al pianoforte, alla chitarra, al contrabbasso ed alle belle voci ospiti, si è rivelata compatta e ricca di sonorità e sfumature. Portata ad un altissimo livello di preparazione dal M° Stefano Morganti, la Band ha presentato un repertorio dedicato in particolare ai grandi successi di Kenny Wheeler e del  grande Bob Brookmeyer - due dei compositori contemporanei più apprezzati della scena europea - e a standard della tradizione jazzistica arrangiati e rivisitati dello stesso Morganti, offrendo ampio spazio alle qualità interpretative di tutti i componenti della formazione.

Verso fine serata Stefano Onorati, abbandonando momentaneamente il palco ed unendosi a Lorenzo Liviero e a Fausto Merchiori, ha dato vita ad un momento più intimo e commovente, consegnando un mazzo di fiori alla mamma ed alla moglie di Marco Tamburini, presenti tra il pubblico con tutto il resto della famiglia. 

Una serata certamente da ricordare, con lunghi applausi e richieste di bis, che i musicisti sul palco hanno prontamente ricambiato.

Nel complesso la rassegna “Jazz nights at Casalini’s garden”, alla sua seconda prova, ha offerto un cartellone di grande qualità e rilievo, ma soprattutto grazie alle intuizioni ed allo spirito lungimirante del suo ideatore, Marco Tamburini, è riuscita a confermarsi tra le più interessanti manifestazioni del panorama jazzistico. Agli appassionati di questo genere musicale, appuntamento, dunque, alla prossima edizione.

 

Pubblicato su "Banca Domani" n° 2 Settembre 2015 - Anno XIV
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chiara

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